Il nostro mese di agosto ci ha riservato un’esperienza di missione con i frati minori cappuccini, trascorsa per una ventina di giorni ad Akhaltsikhe, una città della Georgia, a pochi chilometri dai confini della Turchia e dell’Armenia, presso il convento di frati minori cappuccini della città (diciamo “il” perché è attualmente l’unico convento in terra georgiana, dove la maggioranza delle persone è di religione ortodossa). A partire eravamo un gruppo di nove persone: sei giovani, due frati e una suora. Quello che il nostro viaggio prevedeva era un’esperienza di servizio e animazione per i bambini di Akhaltsikhe e un percorso di discernimento vocazionale e di vita di fraternità.
La realtà della Georgia è complessa: piccolo Stato che separa la Turchia dalla Russia, risente nel corso dei secoli dell’influenza prima ottomana, poi russa con l’annessione all’URSS. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i rapporti tra Georgia e Russia rimangono tesi: nel 2008 la Russia ha avanzato un’offensiva nell’Ossezia del Sud, regione della Georgia a nord di Tbilisi, la capitale, occupando il territorio e costringendo gli abitanti a spostarsi in campi profughi vicino a Tbilisi. Inoltre, la popolazione è composta da 3 grandi gruppi: georgiani, antirussi e di religione ortodossa, azeri, musulmani, presenti nelle zone al confine con l’Azerbaijian, e armeni, antiturchi e di religione cattolica. Quest’ultimo gruppo, segnato nella sua storia dal terribile genocidio perpetrato dal movimento dei Giovani Turchi nel secondo decennio del Novecento, è presente in gran numero ad Akhaltsikhe, cittadina di confine.
Ad Akhaltsikhe bambini georgiani e bambini armeni non hanno molte occasioni per stare insieme: ci sono scuole diverse, quartieri diversi, lingue diverse. Ad Akhaltsikhe dal 2013 c’è frate Filippo, “mama” Filippo in georgiano, che offre ai bambini un luogo protetto dove poter giocare insieme con semplicità. Ogni estate organizza un campo di due settimane, il campo a cui abbiamo partecipato anche noi: le giornate prevedevano un momento di catechesi al mattino, dove veniva raccontato ai bambini un episodio della storia di Harry Potter, che Filippo attualizzava e collegava a brani di Vangelo che parlavano di amicizia, dell’importanza dello stare insieme nonostante le diversità. Dopo la catechesi ci si muoveva tutti alla volta della palestra della città, dove potevamo giocare in uno spazio più grande rispetto al cortile del convento, dove ritornavamo per il pranzo (piatto più gettonato: pasta e ketchup). Di pomeriggio organizzavamo laboratori, tra cui un corso di chitarra e di italiano.
La parte restante della giornata, finita l’attività con i bambini, era dedicata a momenti di fraternità: prima di iniziare la giornata di oratorio ci trovavamo noi giovani per la catechesi tenuta dai frati e dalla suora che ci accompagnavano, seguita da un momento di meditazione personale. La sera, durante la messa, mama Filippo lasciava spazio per condividere aneddoti, riflessioni, impressioni, emozioni della giornata, cosa che ha aiutato molto nel costruire un gruppo affiatato e entusiasta di vivere insieme questa esperienza, insieme a Filippo e Fabio, frati della missione, e Roberti, un giovane georgiano che fa parte di questa piccola fraternità e che questo autunno verrà in Italia a studiare e seguire un percorso di discernimento per diventare frate.
La cosa bella della missione è l’incontro con l’altro: scoprire persone come Filippo e Fabio, che nonostante la difficoltà della lingua si spendono totalmente per i bambini e per chiunque bussi alla porta del convento, sia georgiano o armeno o ortodosso o cattolico. Conoscere ragazzi pieni di energia e voglia di aiutare il prossimo, come Roberti e Mariami, che ci hanno aiutato a comunicare con i ragazzi georgiani grazie alla loro conoscenza dell’italiano, animatori instancabili e pieni di vita. Venire invitati a cena da una famiglia georgiana che ti accoglie a braccia aperte e ti regala una serata magica nella sua semplicità, dove quello che importa non è la lingua diversa, ma lo stare insieme. E poi ci sono i bambini: la cosa che ci spaventava prima di partire era come comunicare con loro e rispondere alle loro richieste (dato che il georgiano è una lingua molto ostica), ma appena arrivati abbiamo capito che la parola doveva passare in secondo piano. I bambini hanno quella capacità di guidarti nel loro mondo di piccoli gesti e di sorrisi e di giochi, felici di condividerlo con chi dona loro un po’ di tempo: e lì il bisogno di condividere e stare insieme è palpabile, concreto. Il gioco è una cosa seria, e nessuno si tira indietro: tutti, piccoli e grandi, hanno voglia di “mettere le mani in pasta” e giocarsi, scoprire cose nuove, imparare dei valori con cui crescere.
La realtà che ha creato mama Filippo è una realtà che cresce e che è bello veder crescere in un luogo dove la figura dell’animatore o dell’educatore quasi non c’è, ma che sta prendendo forma grazie all’entusiasmo dei ragazzi più grandi che vivono l’oratorio. Un’esperienza così intensa vissuta di fraternità fa tornare a casa con un bagaglio più grande di quando si è partiti, un cuore pieno e desideroso di amare, mettersi e rimettersi in cammino, accompagnare questi ragazzi, ripartire, ritornare.

Elisa e Daniele

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